Theodor W. Adorno

In questo breve testo composto poco prima della morte (1969), Adorno improvvisa una definizione molto sintetica della Teoria Critica della società distinguendola tanto dalla filosofia tradizionale quanto dal marxismo “ortodosso”. Si tratta di un testo che, pur nell’estrema brevità, chiarisce bene quali sono i punti caratteristici – potremmo anche dire: i punti di forza – del pensiero critico della Scuola di Francoforte. Facciamo seguire alla traduzione delle tesi un breve commento esplicativo (M.M.)


(1) Inclusione del fattore soggettivo. “Lo stucco”. Necessità di un surplus psicologico al di sopra dell’economia oggettiva per tenere insieme la società.
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(2) Il marxismo come teoria critica della società significa rifiuto di ogni ipostatizzazione; esso non può diventare semplicemente una filosofia. D’altronde, le domande veramente filosofiche sono aperte , non pre-decise in base ad una “visione del mondo”.
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(3) La Teoria Critica non aspira alla totalità ma la critica . Ciò significa però anche che essa, in base a questo suo contenuto, è antitotalitaria, con ogni conseguenza politica.
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(4) La Teoria Critica non è un’ontologia, un materialismo positivo. Nel suo concetto è incluso il fatto che la soddisfazione dei bisogni materiali è la condizione necessaria ma non sufficiente di una società liberata. Il materialismo realizzato è al tempo stesso l’ abolizione del materialismo in quanto dipendenza da ciechi interessi materiali. Andare oltre il principio di scambio significa al tempo stesso adempierlo: nessuno deve ricevere meno dell’equivalente del lavoro sociale medio.
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(5) Per la Teoria Critica la scienza è una forza sociale produttiva tra le altre ed è intrecciata ai rapporti di produzione. Essa stessa è sottoposta a quella reificazione, contro cui la Teoria Critica si volge. Essa non può essere la misura della Teoria Critica e questa a sua volta non può essere “scienza” al modo in cui la postularono Marx ed Engels.
(6) Ciò equivale a dire che nella Teoria Critica il marxismo – senza annacquarsi – deve riflettere criticamente su di sé. Esso è inconciliabile con il positivismo che costituisce una forma limitata della razionalità. L’irrazionalità di questo è determinabile in modo immanente. La Teoria Critica è mossa da un concetto trasformato di ragione.
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(7) La Teoria Critica – contro la concezione metafisica del materialismo – prende la dialettica molto più seriamente del marxismo ufficiale. E ciò vale soprattutto per l’ideologia. La Teoria Critica non può semplicemente liquidare la sovrastruttura dal basso. Nel concetto di ideologia – l’apparenza socialmente necessaria – è contenuto anche quello di una coscienza giusta. Non tutto lo spirito è ideologia. La Teoria Critica significa critica immanente anche dello spirito.
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(8) La Teoria Critica è mossa dall’interesse per una società veramente umana e, in quanto tale, è pratica. Ma essa non è da misurarsi in base alla prassi intesa come thema probandum ; solo l’oggettività della verità e la ragione sono vincolanti per essa. Essa non ipostatizza un’unità di teoria e prassi che nell’attuale società non è affatto possibile. Tra la teoria e la prassi non vige alcuna continuità.
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(dal Max-Horkheimer-Archiv, pubblicato su Adorno. Eine Bildmonographie, Suhrkamp, Frankfurt a. M. 2003. p. 292)

Commenti

1. Adorno sottolinea la necessità di ricorrere a strumenti teorici ( in primis la psicoanalisi) in grado di svelare i meccanismi indotti dalla società attraverso cui l’individuo diviene funzione del tutto, introiettando e riproducendo attraverso la propria costituzione psicologica il dominio sociale.

2. La filosofia è stata sempre un tentativo sistematico di comprendere il mondo (per Adorno anche nelle sue versioni scettiche il pensiero filosofico non sfugge a questo atteggiamento). In tal modo la filosofia che è in sé critica, pensiero aperto, in cerca del vero si trasforma in una “visione del mondo”, in un sistema dell’identità, in una concezione totalizzante. Il rapporto del marxismo con la filosofia deve essere dialettico: il marxismo deve prendere dalla filosofia la capacità critica e la ricerca spassionata della verità ma proprio per questo deve evitare il grande errore di ogni filosofia: “ipostatizzarsi”, cioè trasformarsi da critica (pensiero negativo, perché nega la società attuale) in una visione del mondo (un sistema positivo).

3. La Teoria Critica non è un sistema. Essa denuncia la società capitalistica come un sistema di dominio (il “mondo amministrato”) e per fare questo usa la categoria di totalità che invece è un tabù della sociologia borghese. Ma il suo uso della categoria di totalità (ad es. la società è più della somma degli individui) è appunto critico e non olistico-metafisico. Esso sta ad indicare quel “di più” oppressivo, onnipervadente della società che la sociologia istituzionale non vuole vedere. Questo carattere onnipervadente del potere si trasferisce ad ogni realtà interna al sistema e permea di sé anche i partiti opposizionali e, teoricamente, antisistemici. La lotta libertaria al principio totalitario diviene quindi ingrediente insostituibile di ogni vera opposizione al sistema.

4. Il materialismo ha due facce: quella critica e quella metafisica. Esso è la denuncia della menzogna dello spirito come mezzo di dominio e, riconoscendo la corporeità dell’uomo, ne riconduce l’essenza ai bisogni materiali. In tal senso il marxismo fornisce, ad esempio, una lettura della civiltà come storia di lotte di classe. Ma nella sua denuncia dello spirito il materialismo ipostatizza la materia e i bisogni materiali come vera essenza della natura e dell’uomo e in questo si trasforma in una visione del mondo positiva e, dunque, metafisica. Ciò ha permesso agli scribacchini staliniani di stilare una visione del mondo (chiamata DIAMAT) che scimmiotta il materialismo marxiano trasformandolo in una metafisica meccanicista e postivista; come pendant di questa grossolana falsificazione teorica si è avuta una prassi (quella dei paesi “socialisti”) in cui il criterio di felicità era misurato in termini rozzamente materiali: crescita di produttività, disponibilità di beni etc. (gli stessi, per altro, che vigono in un sistema a base capitalista). Una società liberata, scrive Adorno, supererà l’incubo della produzione sfrenata e dell’asservimento del singolo al ciclo riproduttivo inarrestabile; essa sarà funzione del singolo permettendogli di sviluppare liberamente quelle qualità (a torto definite “spirituali”) che la società ha sempre reso appendice del dominio. In tal senso il materialismo realizzato abolisce, assieme alla menzogna dello spirito, anche la necessità della sua critica, cioè se stesso.

5, 6. Marx ed Engels battezzarono il loro socialismo “scientifico” perché vedevano nello sviluppo delle scienze naturali non solo l’affermarsi di un’epoca disincantata e libera, ma anche una conferma alle proprie teorie. In realtà lo sviluppo scientifico successivo non solo ha reso sempre più evidente ciò che già Marx aveva intuito nel Capitale – ovvero il fatto che la scienza si sviluppasse in un modo del tutto funzionale al capitalismo – ma l’accresciuta potenza tecnica e la parcellizzazione dei linguaggi scientifici hanno reso sempre più la scienza un’istituzione autoritaria che, postasi al di sopra della società, sfugge ad ogni controllo razionale, riducendosi essa stessa a strumento di dominio. Una teoria della società che non si piega al criterio del dominio deve assumere un principio di razionalità più ampio di quello offerto dalla ricerca scientifica come tale. Tale razionalità deve comprendere la scienza come momento della società.

7. La distinzione tra struttura e sovrastruttura non deve essere semplificata eccessivamente. Anzitutto, si è detto, elementi apparentemente sovrastrutturali (come la costituzione psicologica conscia e inconscia dei singoli) costituiscono momenti di “tenuta” della società nel suo complesso, forze che agiscono al suo interno anche al di là degli immediati interessi economici. In secondo luogo il concetto di “ideologia” non deve essere assolutizzato come semplice copertura di interessi materiali (come accade quando si parla di “lotta ideologica” tra ideologia socialista e ideologia capitalista). In tal modo ogni coscienza sarebbe di per sé falsa e apparente, mero riverbero sovrastrutturale di una lotta che accade a livello strutturale; ma nel concetto stesso di ideologia – cioè di falsa coscienza – è implicita l’idea di una coscienza vera , di una coscienza che non è mera immagine riflessa di interessi materiali. La sfera spirituale ospita in sé il momento dell’autocritica, senza il quale non ci sarebbe verità possibile ma ogni sapere sarebbe ridotto a retorica.

8. Anche la Teoria Critica è animata da un interesse che coincide con l’idea di una società libera e giusta. Ma questo interesse costituisce il punto di fuga dei suoi concetti, il criterio di razionalità piena cui essa si ispira; non deve cioè coincidere con un interesse immediato della prassi trasformatrice altrimenti il suo interesse primario alla verità verrebbe compromesso dalle urgenze pragmatiche del momento e quindi distorto. Questa indipendenza dalla prassi immediata è però intesa da Adorno come un elemento utile alla prassi trasformatrice stessa perché è solo dall’implacabile sguardo sulla realtà che è possibile sottrarsi agli abbagli dovuti alle necessità agitatorie proprie della politica giornaliera e, dunque, rendersi utili ad una prassi autenticamente razionale.